E' bello credere ancora alla befana - Nunzio Gambuti

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E' bello credere ancora alla befana

La mia anima

E' BELLO CREDERE ANCORA ALLA BEFANA

Quante cose si nascondono dentro un’emozione

di Nunzio Gambuti



I bambini, lo sappiamo, hanno paura del buio, perché essi rappresentano l'immagine chiara della vita. Eppure, ognuno di loro, il cinque di gennaio, vorrebbe che il sole tramontasse già a mezzogiorno, perché sanno che, col buio della notte, arriverà lei: la Befana. Il rito si ripeteva ogni anno. Era soltanto il primo pomeriggio, e già armeggiavo intorno al mio lettino per sistemarvi ciò che idealmente doveva rappresentare la calza. Difatti, non era una calza ma un cestino di vimini di forma ovale, che cercavo di assicurare alla spalliera del letto, con tale meticolosità, come se dovesse sostenere chi sa quale peso. Alla fine, sistemato il tutto, restavo ansioso ad aspettare la sera e poi la notte. I giorni d'inverno non sono lunghi, e la sera non era poi così lontana. Dalla strada tutta ciottoli e gradini non giungeva nessun rumore: la fatica contadina si era fatta quiete. Faticosamente cercavo il sonno voluto, immaginando nella fantasia come sarebbe stato il risveglio. E fu così che nel cuore della notte all'improvviso mi svegliai, inginocchiato sul letto, con gli occhi che cercavano intorno qualcosa su cui fermarsi, mentre, piano piano, un'angoscia profonda cominciava ad assalirmi: il cestino era completamente vuoto. L'angoscia si fece prima disperazione e poi si trasformò in un pianto dirotto. Mio padre cercava di consolarmi: non fare così che la Befana potrebbe dispiacersi. E poi continuava a dirmi: può darsi che sia in ritardo a causa del cattivo tempo, oppure, per la fretta, lo avrà lasciato in qualche altra parte della casa. Io quasi non lo ascoltavo, e come per fuggire scendo dal letto e..... appoggiato sul pavimento c'era uno scatolone enorme: era il più bel regalo che un bambino potesse desiderare, un trenino elettrico con tanto di stazione e tutto il resto. Ci fu un urlo e poi una gioia indescrivibile, mentre già ritornavo a ripudiare la notte in attesa che si facesse giorno, per poter correre a raccontare, a giocare e soprattutto a dividere la mia gioia con chi, meno fortunato, avrebbe ricevuto soltanto delle noci e pochi fichi secchi. A pensarci, quante volte mi sono chiesto sempre la stessa cosa: dove i miei genitori prendessero quei soldi, visto che in casa non ce n'erano poi tanti. Un giorno poi, osservando una bimba giocare, ho trovato quella risposta che avevo per tanto cercato. Il tempo cammina nella natura delle cose, e così un giorno quei bambini con qualche anno in più, hanno incontrato e guardato in faccia per la prima ed unica volta la Befana, perchè da quella volta la Befana non è più tornata. In quel preciso istante hanno iniziato a conoscere la realtà della vita, ma hanno perduto contemporaneamente il loro primo sogno. Domani prenderanno da soli, per la prima volta, l'autobus che li porterà a scuola. Per quella particolare magia che muove i fatti e le cose della nostra esistenza, quei bambini con qualche anno in più, all'improvviso un giorno riprendono a sognare, con la stessa ansia nell'anima, quasi come quel cinque di gennaio di allora. Hanno emozione quando guardano un gabbiano che vola, e non sanno che sono loro stessi a volare, come un aquilone sospinto dal vento. Hanno emozione quando esprimono un desiderio, se vedono una stella cadente che attraversa il cielo in una sera d'estate. Hanno emozione quando anche il suono del telefono è melodia, simile ad un notturno di Chopin, e ti sembra di sentire sulla pelle una carezza. Mio giovane cuore, io lo so già, che quando ti chiederò: che cos'è? Tu mi dirai: ..... si chiama Amore.

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