Il carcere degli animali - Nunzio Gambuti

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Il carcere degli animali

La mia anima

Giugno 1997

IL CARCERE DEGLI ANIMALI
Anche le aquile non sanno più volare
di Nunzio Gambuti




Un cane al guinzaglio può suscitare diverse reazioni: ammirazione, perché ci troviamo davanti un bello esemplare di animale; un pizzico  di timore, perché ne temiamo una probabile aggressività, che fa, morde?; tenerezza, perché comunque lo consideriamo un prigioniero, in quanto la sua libertà è pari alla lunghezza del suo guinzaglio. Di una libertà ancora minore, che  per la natura dell'essere diventa  quasi penosa, è il vivere di un'aquila in una gabbia di uno zoo. E' vero, questi animali quasi certamente sono bene accuditi, ma se qualcuno offrisse loro quella libertà senza confini che è il cielo, chi sa.....?  Hanno lo sguardo sornione i tanti gatti randagi che vivono la strada, sempre in cerca di un raggio di sole, senza ricordare ieri e senza aspettare domani. Non hanno bisogno nemmeno di cercare il cibo, perché a questo, per loro, pensano certe vecchiette  che a Roma chiamano "le gattare". E poi..... ci siamo noi. Noi che ci crediamo uomini liberi. Ma siamo certi di essere liberi davvero? Oppure pensiamo, forse, come qualche testa di ragnatela vuol farci credere, che basta avere la facoltà di esprimere  la propria opinione per sentirsi liberi? Sciocchezze. Perché se chi è tenuto ad ascoltare, in quanto preposto di un ordinamento politico - sociale, tiene costantemente i tappi nelle orecchie, ditemi a che serve? La libertà è un qualcosa difficile  da capire ma soprattutto difficile da vivere, perché la vera libertà è la capacità di vivere senza vendersi mai. Noi, prigionieri di noi stessi, siamo come tanti cani al guinzaglio quando sono gli altri che decidono per noi cosa fare oggi  e cosa fare domani, per poi sentirsi dire: "è sancito dalla legge", e spesso in quella legge non c'è giustizia. Guardiamoli bene questi profeti di diagnosi e terapie, nessuno di loro ha la necessità di doversi preoccupare di eventuali tagli alle  pensioni, alla spesa sociale e di un posto di lavoro che non c'è. Sono gli stessi che per anni ci hanno illuso e derubato, e che oggi ci chiedono anche di pagare il conto. Ma ci resta quel sogno di Icaro, che giorno dopo giorno ci prende e contemporaneamente  ci muore dentro, in questa gabbia invisibile che ci circonda, senza mai trovare la forza di oltrepassare questo cerchio che frena i passi della nostra esistenza. Come Icaro non ci è permesso di avvicinare il sole, e così le nostre ali restano chiuse.  Allora non serve essere aquile se poi si è allevati come tacchini. Ci sono uomini che tirano a campare, con sempre tanta voglia di chiedere e quasi mai di fare, e sempre pronti a fermarsi quando la strada incomincia a salire. Si illudono di essere  vivi e si accontentano di quello che avanza, e come gatti rimangono ad aspettare. Sarà… che a me questi tipi gatti non piacciono.

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