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Aprile 1998
IN VIAGGIO VERSO NORD
QUELL'ANIMA CONTADINA IN CASSA INTEGRAZIONE
di Nunzio Gambuti
La radio era momentaneamente spenta, e la macchina correva veloce lungo l'autostrada che ci portava verso Nord. In quel momento provavo ad immaginare cosa mi avrebbero riservato i giorni di quella settimana di vacanza appena iniziata, cercando di capire cosa fosse quella particolare sensazione che mi anelava intorno, capace di farmi sentire tanto ricco quasi come Agnelli o Rockefeller. Questo avveniva, certamente, non per il denaro che avevo in tasca, il quale era davvero poco, ma dentro, nel mio spirito libero sì, dove io, padrone assoluto del mio tempo e di me stesso, mi sentivo accumunato in questa strana apparente similitudine. Mi immaginavo di scendere da quei tremila metri, come un'aquila in volo, libero di quelle zavorre che ogni giorno siamo costretti a portarci addosso. E poi guardare da lassù, così vicino al cielo, il cammino della vita e la miseria umana, quando non si è poveri soltanto per mancanza di soldi, ma per il coraggio che non c'è e la dignità venduta. Avevamo da poco oltrepassato il ponte sul Po, e nel guardare questo grande fiume, ancora una volta, venivo assalito da quella stessa emozione, che mi prende ogni qualvolta mi trovo a passare da quelle parti. E così in un turbillon di pensieri mi tornavano alla mente, una dopo l'altra, le tante storie che questo fiume racconta, quelle vere e quelle della fantasia. E tra queste, come non ricordare quella umana esistenza, dove i personaggi sanno essere maestri di rispetto nel dispetto, quelle incomparabili figure di Don Camillo e Peppone. Mi chiedevo perchè tutto questo accavallarsi di pensieri ed emozioni capitasse proprio a me, io uomo che venivo dal Sud. Che cos'era che mi assaliva dentro, nel guardare questi luoghi e queste acque, lasciandomi poi quasi in un senso di inspiegabile amarezza. Ma poi ti accorgi che l'amarezza viene da lontano, figlia di una disuguaglianza antica che ancora divide il nostro paese. Là le cose e gli uomini manifestano l'opulenza di un lavoro cercato e hanno l'espressione di facce sicure. Dove tutto è perfetto: le case, i terreni, le colture, e dove tutto è così in forte contrasto con l'altra parte contadina che mi vive vicino. Qui si raccontano altre storie, e si vedono altre facce. Sono le storie e le facce che ci racconta Silone in "Fontamara", sono i contadini di Calabria di Corrado Alvaro, la povertà più povera dei contadini della Lucania raccontata da Carlo Levi, e per non dimenticare quelli a cui spararono addosso a Portella della Ginestra. Tutto questo fino al giorno in cui, a questa stessa gente qualcuno ha indicato che il futuro e la speranza si trovavano a Torino, a Milano, a Mirafiori, ad Arese, a Bagnoli. Per qualche tempo è sembrato quasi vero, ma oggi quel sogno purtroppo è finito. E resta così difficile parlare ancora del futuro a chi, sfrattato prima dalla terra e poi dal posto di lavoro, ha per futuro soltanto la cassa integrazione.