Menu principale:
L’OSPITE INDESIDERATO
di Nunzio Gambuti
Le case di città, in genere, non offrono grandi spazi e per questo che, a volte, diventa così difficile voler far convivere in casa un animale, chiunque esso sia: un cane, un gatto, un pesce, un canarino. Ci capita di amare un animale così tanto che spesso ci dimentichiamo di chiedergli se lui è d’accordo. Infatti, se provassimo ad immaginare ed a contrapporre ad una brocca d’acqua il mare oppure un fiume, ad una gabbia il cielo, ad un terrazzo la campagna, ci accorgeremmo che non può essere uguale. Ma Valentina lo desiderava tanto, e così un giorno si presentò a casa con un gattino che avrà avuto soltanto pochi giorni. Dando fondo a tutti i suoi risparmi aveva già provveduto a comprare tutto quello che si riteneva necessario per accudirlo: vaschette, cibo, latte e via dicendo. La sera, al ritorno a casa del papà, Valentina gli si fa incontro con entusiasmo: papà vuoi vedere il mio gattino? Il papà che già aveva notato la cosa, con fare brusco e distaccato rispose: no, adesso non ho voglia. Non fa niente rispose delusa Valentina, se vuoi potrai vederlo domani. Per due giorni non si parlò del gattino, e per due giorni il papà non entrò nella stanza di Valentina, quasi a voler ignorare volutamente quella scomoda presenza. Improvvisamente la sera a tavola tornò sull’argomento e rivolto a Valentina le disse: hai pensato a come sistemarlo in caso di tua assenza? Io non intendo minimamente preoccuparmi di lui. Cercherò di mettere da parte un po’ di soldini, così potrò affidarlo ad una pensione per animali, fu la risposta di Valentina. Quel piccolo essere, intanto, si sentiva già parte di quella casa, e quella sua presenza rendeva Valentina davvero felice, anche se contemporaneamente sembrava quasi che avvertisse su di se il peso di quel contrasto tra padre e figlia, come se avesse capito che qualcuno non lo voleva. Qualche giorno dopo Valentina fu la prima a rientrare a casa dalla scuola e nella disperazione più totale si accorse che il gattino non c’era più. In un primo momento pensò che qualcuno glielo avesse portato via volutamente, ma subito cacciò via dalla mente quel pensiero, ben sapendo che mai, nonostante tutto, sia il papà che la mamma avrebbero commesso un gesto così vile. Con la mamma, rincasata subito dopo, iniziarono a cercarlo per ogni dove, ma tutto fu vano fino a quando... Il terrazzo in quel periodo era quotidianamente un tappeto giallo per il polline che vi si posava, e fu grande lo stupore quando si accorsero delle impronte che questi aveva lasciato fino al limitare del davanzale. Era accaduto che, pur non in grado di fare grandi salti, il piccolo gattino forse richiamato dalla presenza degli altri gatti del cortile, si era lasciato andare in un grande salto verso chi sa quale libertà. Valentina corse giù in cortile ed iniziò a cercare in ogni angolo, palmo a palmo, andò a citofonare ad ogni casa nella speranza di sentire da qualcuno di averlo visto, ma ci furono soltanto risposte negative, anzi si sentiva ferita per la mancanza di sensibilità dimostrata da alcuni e dalle loro risposte infastidite. Soltanto la vecchia e tanto osteggiata gattara le dimostrò solidarietà. Tutto fu inutile, e dopo tante ore di ricerche, a buio ormai inoltrato, sconsolata, fece ritorno a casa. La sera, il papà conosciuto l’accaduto ne rimase sconcertato, come se quel gattino avesse scelto volutamente di andare via, per non creare più dissapori tra Valentina ed il suo papà. Si avvicinò a Valentina, le fece una carezza e poi le chiese com’era e quale colore avesse. Era carino papà, era proprio carino, tutto grigio e bianco, rispose Valentina. Il mattino dopo, il papà uscì di casa dicendo: vado dal giornalaio. Non era vero. Si mise a girare per le strade del quartiere, cercando in ogni angolo dove ritenesse possibile che un gatto randagio adulto avesse potuto offrire ospitalità a quello più giovane. Avrebbe voluto far ritorno a casa e porgere a Valentina quel gattino, dicendo: ecco l’ho riportato a casa e vedrai che adesso non avrà più voglia di andare via. Ma anche per lui fu tutto inutile, senza riuscire a capire dove mai fosse andato a finire. Quella mattina, in piedi, accanto alla sua scrivania, guardava fuori dalla finestra la città che si muoveva in lontananza. Sembrava quasi che stesse cercando qualcosa in quella massa in movimento. Poi ritornò a sedersi ed iniziò a prendere appunti sulla sua agenda di lavoro. Non era la data di una riunione oppure l’ora di un incontro, c’era scritto: vorrei tanto poterti ritrovare, perché ho tanta voglia di chiederti scusa.